Sentenza Cassazione: Polizze Assicurative e Usura nei Finanziamenti, un'Analisi della Sentenza N. 2236/2025
- Giovanni Currò
- 11 giu
- Tempo di lettura: 3 min

Con la recente sentenza n. 2236/2025, depositata il 6 giugno 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di usura bancaria, con particolare riferimento ai contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio. La Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia di usura, devono essere inclusi tutti i costi collegati all'erogazione del credito, comprese le spese per le polizze assicurative, anche se non obbligatorie per legge.
Il Caso in Esame
La vicenda giudiziaria ha origine dalla domanda di una cliente, che nel 2016 ha citato in giudizio la società finanziaria X S.p.A. L'attrice richiedeva l'accertamento della natura usuraria di un contratto di finanziamento sottoscritto nel maggio 2009 e la conseguente restituzione degli interessi versati, quantificati in € 2.864,42. Il finanziamento era stato estinto anticipatamente nel giugno 2014.
Sia il Giudice di Pace di Napoli in primo grado , sia il Tribunale di Napoli in appello, hanno dato ragione alla cliente. Il Tribunale, in particolare, ha confermato che il tasso di interesse effettivo del finanziamento, comprensivo dei costi per la polizza assicurativa e la mediazione, ammontava al 14,97%. Tale valore superava il tasso soglia anti-usura vigente all'epoca della stipula (maggio 2009), fissato al 13,45%.
Il giudice d'appello ha sottolineato la presunzione di collegamento tra il costo dell'assicurazione e la concessione del credito, data la loro contestualità. Tale collegamento era ulteriormente rafforzato dal fatto che il contratto di finanziamento menzionava esplicitamente la polizza, addebitandone il costo al mutuatario , e prevedeva la detrazione del premio assicurativo, pagato in un'unica soluzione, dall'importo erogato.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La società finanziaria X S.p.A. ha presentato ricorso in Cassazione affidandosi a tre motivi principali:
Erronea valutazione dell'obbligatorietà della polizza: La ricorrente sosteneva che il Tribunale avesse erroneamente considerato obbligatoria la polizza assicurativa, mentre si trattava di una scelta volontaria non imposta dalla legge (DPR 180/1950).
Confronto "disomogeneo": La società lamentava un errore nel calcolo dell'usura, sostenendo che il giudice di secondo grado avesse confrontato in modo non omogeneo i tassi.
Mancanza di prova sul costo medio delle polizze: La finanziaria contestava che l'attrice non avesse fornito la prova del costo medio delle polizze assicurative obbligatorie per legge.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendo i primi due motivi infondati e il terzo inammissibile.
La Centralità dell'Art. 644 del Codice Penale
Richiamando la propria giurisprudenza consolidata (Cass. n. 8806/2017 e Cass. n. 22458/2018), la Corte ha ribadito che per determinare la natura usuraria di un contratto di mutuo è necessario considerare tutte le commissioni, remunerazioni e spese collegate all'erogazione del credito, ad eccezione di imposte e tasse. Questo principio, sancito dall'art. 644, comma 4, del Codice Penale, costituisce la norma di riferimento per tutta la materia.
La Corte ha precisato che è sufficiente che i costi assicurativi siano "collegati" alla concessione del credito, e tale collegamento si presume quando la stipula della polizza è contestuale all'erogazione del finanziamento.
Irrilevanza delle Istruzioni della Banca d'Italia
Di conseguenza, la Corte ha giudicato irrilevante il fatto che le Istruzioni della Banca d'Italia del 2006, vigenti al momento della stipula, non includessero i costi assicurativi nel calcolo del Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM). Citando una propria sentenza a Sezioni Unite (n. 16303/2018), la Corte ha chiarito che l'eventuale non conformità dei decreti ministeriali alla legge (art. 644 c.p.) rileva solo ai fini di un eventuale vizio del provvedimento amministrativo, ma non modifica la regola legale per il calcolo dell'usura nel singolo rapporto contrattuale.
Il TAEG come Indice Rivelatore
La decisione del Tribunale è stata quindi ritenuta corretta, in quanto ha proceduto a una somma algebrica di tutti gli oneri, inclusi i costi assicurativi stipulati contestualmente, per verificare il superamento del tasso soglia. Il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) è stato identificato come l'indice corretto per rappresentare l'incidenza di tutti i costi, nessuno escluso (ad eccezione di imposte e tasse), e quindi per rilevare l'eventuale usura.
La Corte ha infine dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso, relativo all'onere della prova, e ha condannato la società ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusioni e Implicazioni
Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per la tutela dei consumatori. Stabilisce con chiarezza che la valutazione dell'usura non può basarsi su calcoli parziali o escludere oneri che, di fatto, rappresentano un costo per l'ottenimento del credito, indipendentemente dalla loro qualificazione formale o dalla loro inclusione nelle rilevazioni amministrative del TEGM. Il principio cardine rimane quello della "connessione" del costo all'erogazione del credito, un criterio onnicomprensivo che trova nel TAEG il suo più fedele indicatore numerico. Per gli operatori finanziari, ciò implica la necessità di una trasparenza assoluta e di un'attenta valutazione di tutti i costi applicati ai clienti per non incorrere nella violazione della normativa anti-usura.
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